Si è tenuta ieri l’inaugurazione della mostra di Danilo Montini nella sala civica di Levata (la mostra è aperta anche oggi, domenica). Sono venuti a festeggiare l’artista amici ed estimatori; fra questi l’autore dell’analisi critica nel catalogo delle opere edito da Arianna Sartori, Gilberto Cavicchioli, che ha detto parole di benvenuto insieme al presidente del comitato di quartiere Franco Presciuttini. Peccato che non si sia visto alcun rappresentante dell’amministrazione comunale ad un evento così importante e legato al nostro territorio.
Il colpo d’occhio delle opere di Montini in sala civica è magistrale, ma, dopo una visione d’insieme, è necessario esaminare ogni singola opera da vicino, nel tentativo di immaginare quello che l’autore ha provato nello scegliere ogni tema, con una visione personalissima e sempre profonda.
L’esame da vicino permette anche di cogliere l’arditezza tecnica delle sue opere all’acquaforte ed a china. Acquaforte è l’antico nome dell’acido nitrico, e designa un procedimento creativo complesso e minuzioso: si parte da una lastra di zinco o rame cerata ed annerita con nerofumo, poi viene il disegno inciso (ma specchiato!) con una punta sulla cera, indi il bagno nell’acido (ma servono fino a quattro ripassature del disegno nell’acido per ottenere effetti di chiaroscuro), poi ancora inchiostratura su tutta la lastra, poi togliere il velo di inchiostro lasciando solo quello nei solchi, infine pressatura al torchio su carta preventivamente inumidita per un giorno intero! Viene proprio da chiedersi come un giovanotto di 96 anni possa avere ancora la mano così ferma da affrontare tutto questo.
E questo non è ancora niente. Vale la pena di venire alla mostra anche soltanto per parlare con l’artista, scoprendo un personaggio che vi racconterà la sua vita: se non si parla direttamente con lui, si potrebbe credere che sia un romanzo. Il servizio militare a Orvieto durante la guerra, la scoperta casuale da parte di un ufficiale della sua abilità nel disegno per metterlo a disegnare parti di armamento, l’incontro con Luigi Nervi per aver voluto assistere alla prova di carico di un capannone militare progettato dal grande ingegnere, la costruzione del campanile di Borgoforte, ben rinforzato con ferri di armatura, tanto che ha resistito indenne al terremoto, ma realizzato dal capomastro Montini quando non si facevano ancora tanti calcoli e disegni da parte di ingegneri spesso troppo giovani e saccenti.
Si potrebbe andare avanti, ma bisogna ancora parlare di un altro degli interessi primari dell’artista: un’altra forma di espressione? No (o forse sì), la cura del proprio orto! Quando gli è stato spiegato che la voce a lui intitolata era stata appena aggiunta in Wikipedia, e che questo lo avrebbe reso visibile a chiunque, anche all’altro capo del mondo, lui, temendo di doversi poi occupare di così tanti visitatori, ha esclamato: “Ma io ho da curare il mio orto!” (che, manco a dirlo, è costruito e mantenuto con precisione geometrica).
Insomma un vero personaggio della nostra terra, legatissimo al Po, dove ogni giorno va a scoprire vecchi tronchi calcinati e carbonizzati per trarne ispirazione, un vero uomo del nostro tempo, o forse, ahimè, di un tempo che sta scomparendo. Da non mancare!